Intervento del Sidef al Meeting di Rimini

Al Meeting di Rimini, la nostra presidente, Dott.ssa Caterina Tartaglione, ha partecipato come relatrice all’incontro del 27 agosto “QUALE POLITICA PER LA FAMIGLIA? Le prospettive del welfare locale

di seguito riportiamo l’intervento in versione integrale:

Quale politica per la famiglia? La prospettiva del welfare locale. Cosa chiedono le famiglie al sistema di welfare in generale e al welfare locale in particolare?

 Ringrazio GLI ORGANIZZATORI DELL’INCONTRO perché le domande contenute nel  titolo sono  le stesse che animano e orientano l’esperienza del Sindacato delle Famiglie fin dalle origini, nel   1982, e sono diventate elemento di stimolo  nel clima di indifferenza e individualismo dilaganti. Nel mio intervento toccherò tre punti:

Primo punto: l’urgenza di attuare reali politiche per rivitalizzare quell’istituzione che è insostituibile: la famiglia .

Secondo punto: la necessità di una politica di investimento e l’applicazione di una logica sussidiaria che, secondo noi, deve dettare l’azione degli enti locali .

Terzo punto: obiettivi e alcune proposte concrete       

1)Primo: Perché una politica per la famiglia?

Il titolo di questo Meeting ci richiama al cuore e al di là di tante definizioni di famiglia che ci possono vedere più o meno concordi, è indubbio che il cuore dell’uomo ha bisogno, per crescere, di una dimora, di un luogo fatto di rapporti cioè di qualcuno che curi ed educhi la sua piena realizzazione. Questo luogo, che viene prima di ogni altro è la famiglia, che determina non soltanto il volto di chi la compone, ma dell’intera società. Per questo è considerato a pieno titolo un soggetto sociale che, come ha indicato Giovanni Paolo II “deve assumersi la responsabilità di trasformare la società”. Come? Avendo il coraggio di difendere questi riferimenti in pubblico, ovvero associandosi , così come ci sollecitò Don Giussani per non essere snaturata e schiacciata da ogni forma di potere.

Nonostante la famiglia sia un soggetto decisivo per la vita economica e istituzionale del nostro paese, ad oggi non ha ancora trovato una adeguata attenzione.  Solo ultimamente nel “Libro Bianco” del Ministro Sacconi c’è un accenno esplicito del “valore sociale aggiunto” generato dalla famiglia “per effetto dell’assunzione di responsabilità pubblica che consegue al matrimonio e alla stabilità degli affetti”. Tuttavia nei fatti manca quel salto di qualità nell’agenda politica che decida veramente di investire su di essa con l’attuazione di leggi adeguate. 

Parlare oggi di famiglie, in piena crisi economica è sicuramente molto difficile. I dati Istat2009 assomigliano a dei bollettini di guerra e descrivono la crisi meglio di tanti discorsi. Ma è unanime il riconoscimento del ruolo di coesione sociale e di ammortizzatore esercitato dalla famiglia grazie alla quale, nonostante il clima culturale ostile, la situazione italiana è migliore rispetto ad altre nazioni europee.

Perché allora, conviene, anche da un punto di vista economico, scegliere la famiglia?

Il Prof. Heckman, premio Nobel per l’economia, ha dimostrato che se si vuole ottenere e mantenere lo sviluppo umano, sociale ed economico, il primo soggetto da cui partire è, appunto, la famiglia. Al proprio interno si alimentano fiducia, perseveranza, propensione al rischio, collaborazione e autocontrollo, fattori che hanno effetto domino positivo sul rendimento scolastico, sulla salute, criminalità…in una parola: sviluppo sociale, scientificamente e statisticamente provato. Là dove la famiglia si disgrega (le ultime statistiche parlano di un aumento dei divorzi del 100% dal 1995 ad oggi) non si produce più ricchezza ma povertà e desolazione.

2)Da ciò consegue quanto sia necessaria una politica di investimento: non si tratta cioè di intervenire solo sui bisogni con logiche una tantum, ma di promuovere nel lungo periodo idee, responsabilità e risorse tese a valorizzare ciò che nasce dalla creatività  della società.

La famiglia non è una scelta scontata: le amministrazioni comunali e regionali infatti  devono decidere ,con intenzionalità etica, se vogliono sostenere un welfare basato sull’individuo staccato dai suoi rapporti e perciò settoriale o puntare ad un “welfare relazionale”  considerando la persona parte di un sistema di relazioni più complesso. Di conseguenza non una politica per la donna, l’anziano , il bambino come fossero entità separate ma trattando le singole condizioni dentro le “relazioni familiari”. Questa sfida a far crescere le relazioni tra persone, tra famiglie, tra enti, tra realtà non profit è la sfida della cultura contemporanea e investe ogni settore della vita sociale.

Come procedere? Avviando politiche familiari degne di questo nome ,cioè mettendo in pratica il principio di sussidiarietà ovvero attuando alcuni interventi in modo da non sostituire ma sostenere e potenziare le funzioni proprie ed autonome delle famiglie.

Concretamente: procreazione, educazione, cura della persona sono i compiti essenziali della famiglia. Oggi chi mette al mondo i figli diventa più povero e la procreazione è, paradossalmente, un lusso per pochi. La cura non è riconosciuta anche se il 90% degli anziani e delle persone disabili vive in famiglia. Nel campo educativo non esiste la libertà di scelta a meno che la famiglia non sia disposta ad enormi sacrifici.

L’assurdo è che le famiglie sono sussidiarie allo stato che risparmia così sei miliardi di euro all’anno, essendo un milione gli studenti iscritti alle scuole paritarie. E non solo queste spese non sono detraibili ma il fisco le valuta come parametro di ricchezza per il redditometro cioè come una ricchezza privata e non una risorsa a disposizione per tutta la società.

Sono convinta che di fronte ad un attacco così evidente come quello attuale che tenta di ridurre la famiglia alla sfera privata, alle scelte personali l’unica possibilità per chi come noi ha a cuore la famiglia, è ripartire invece dalla ricchezza di questa esperienza che diventa compagnia di famiglie, capace di essere interlocutore autorevole nei confronti delle istituzioni.

Ho in mente alcuni esempi: primo fra tutti il lavoro fatto dal Sidef in collaborazione con la Regione Lombardia che ha portato alla stesura della legge 23/99 per la famiglia, considerata a tutt’oggi tra le più avanzate in tema di sussidiarietà e di valorizzazione dell’associazionismo. Altri esempi che vengono dal lavoro delle sedi locali del Sidef; gli amici di Catania portano a casa di alcune famiglie disagiate pacchi con generi alimentari; da qui è nata un’ amicizia che le sostiene anche nella ricerca del lavoro, nell’aiuto ai figli,  a Varese  siamo svolgendo un progetto in rete con i servizi sociali territoriali in cui si sperimentano forme di integrazione tra donne italiane ed extracomunitarie di religione diversa impegnate nel lavoro sartoriale. A Reggio Emilia in collaborazione con il Provveditorato agli studi abbiamo proposto un percorso di aiuto alla genitorialità; a Milano sosteniamo nello studio bambini dislessici insieme alle loro famiglie ; a Pesaro abbiamo attivato uno sportello famiglia in cui vari professionisti (legali ,psicologo, ginecologo) prestano gratuitamente la loro opera per rispondere ai bisogni concreti delle famiglie.  E’così che nasce anche tutta un’azione inimmaginabile a partire da poche risorse ma che ha un effetto moltiplicatore come è stato nel 2005 quando dal Sidef di Udine è partita una raccolta di firme tramite cartoline (alla giunta regionale ne sono arrivate oltre 15.000) per impedire una riduzione del contributo concesso alle famiglie che sceglievano la scuola paritaria e lì abbiamo raggiunto l’obiettivo.

3) Proposte concrete.

Due sono gli obiettivi più urgenti: la scelta strutturale per un fisco a misura di famiglia ed una reale conciliazione famiglia-lavoro.

a)Il nostro sistema fiscale è profondamente iniquo nei confronti delle famiglie con figli, che vengono penalizzate gravemente da un prelievo che non riconosce i carichi familiari, se non in maniera ridicola .

E’ inammissibile che una famiglia con 4 persone (madre ,padre ,2 figli e un  reddito di 25.000 euro) in Francia paghi 52 euro di Irpef e in Italia 1.750! Da noi tutto si può dedurre indipendentemente dal reddito (rottamazione delle auto, moto ,ristrutturazioni ecc). Perché non succede così per i figli? E’ dai primi anni della nostra attività che chiediamo un sistema di deduzione dal reddito, pari al reale costo di mantenimento di ogni soggetto a carico (…Bif che noi abbiamo promosso). Un sistema fiscale equo dovrebbe essere impostato su forme di risparmio e non su forme di erogazione più o meno assistenziali (tipo assegni, bonus e quant’altro). Sussidiarietà vuol dire,in questo caso, chiedere di poter essere noi i titolari delle nostre scelte e delle risposte ai nostri bisogni, basta che ci vengano lasciate  le risorse! In ogni caso o con il sistema delle deduzioni, o con il quoziente familiare, o con un aumento considerevole delle detrazioni, l’importante è che si giunga ad una equità orizzontale del prelievo fiscale cioè che a parità di reddito chi ha figli da mantenere non debba pagare le stesse tasse di chi non ne ha!

b)Secondo obiettivo è la conciliazione dei tempi famiglia/lavoro.  Le politiche per la conciliazione sono concepite come adattamento della famiglia alle esigenze del mercato del lavoro,costringendo la stessa a piegarsi alle sue regole. L’occupazione dovrebbe essere pensata tenendo in considerazione anche gli impegni legati alla famiglia e non viceversa, una reale libertà di scelta della donna ovvero una “flessibilità a misura di famiglia”, part time, congedi parentali, maternità, sostegno alla genitorialità.ecc

Oggi per molte famiglie a basso reddito l’astensione facoltativa dal lavoro a seguito della maternità (4 /12 mesi del bambino) è del tutto illusorio, stante la significativa decurtazione dello stipendio (70% in meno ,contro il 30- 40% di altri paesi europei). A questa famiglie è negata una libertà di scelta tra due diritti concomitanti: lavoro e cura del figlio .

Veniamo alle proposte.

 

Attualmente, con l’aiuto di esperti del settore, stiamo studiando un modello per la  creazione di Consorzi. Oggi il tema è abbastanza sviluppato solo nelle grandi imprese, forti delle loro dimensioni e della loro maggiore capacità di fare economie di scala su interventi di questo genere. Tuttavia sono le piccole e medie imprese che costituiscono 95% del tessuto imprenditoriale. In questo ambito appare molto più difficile svilupparsi il tema della conciliazione lavoro e famiglia, soprattutto per ragioni strutturali.

A tal fine, pensiamo si possa operare su due livelli.

Il primo è quello della creazione di Consorzi che permettano anche alle piccole imprese di  raggiungere una massa critica che consenta loro di avviare progetti di Welfare Aziendale, rivolti ai propri dipendenti e alle loro famiglie. In tal modo si potranno avviare vari servizi (ad esempio spesa a domicilio, servizi di lavanderia in azienda, fino ad arrivare a servizi più complessi quali badanti, centri diurni e asili di distretto).

Altra ipotesi è quella di favorire e incentivare la nascita e la creazione di cooperative che si occupino di fornire alle aziende servizi di questo tipo.

La seconda proposta innovativa è una “Virtualizzazione dei contributi a carico dei lavoratori in funzione del numero dei figli a carico”: una sorta di quoziente familiare applicato ai contributi. Cosa significa?  L’idea consiste nel  considerare  le  funzioni  di  cura ed  educazione  dei  figli,  e degli  altri familiari  non  autosufficienti  a  carico,  come  attività sociale  svolta  dal lavoratore,  cui    far  conseguire  una  riduzione  dei  contributi  INPS versati come nel caso delle  assunzioni agevolate  degli  apprendisti ed il lavoratore riceverebbe una maggior retribuzione netta senza incidere sulle prestazioni pensionistiche future

Ultima proposta è la Fiscalizzazione  integrale   delle   somme   erogate   per  il   sostegno ad asili  nido  aziendali/di  distretto  e  di  iniziative  di  aiuto  allo  studio  e di  cura  dei  minori e degli  adulti  non  autosufficienti.

Concludo.“Ripartire dalla famiglia “non può essere solo lo slogan da campagna elettorale, ma è la responsabilità che ogni famiglia deve riprendersi. Solo a partire da una presenza reale, da fatti sociali, prodotti direttamente dalle famiglie associate sarà possibile esigere una reale cittadinanza della famiglia” ,punto di speranza per tutti. E’ da un tessuto così vitale  che rinasce una coscienza capace di proposte innovative. Come Sidef ,insieme alle altre associazioni del Forum delle famiglie, garantiamo la nostra piena collaborazione e disponibilità a lavorare insieme a quelle amministrazioni virtuose comunali, provinciali e regionali, mettendo a disposizione le nostre conoscenze e competenze ,risultato di tanti anni di lavoro a favore delle famiglie.